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15 ottobre 2003
Il caldo eccezionale dell'ultima estate e il recente crollo della rete elettrica italiana dovrebbero riportare l'attenzione sull'insostenibilità delle tecniche costruttive contemporanee. Gli edifici si stanno trasformando sempre più in macchine dipendenti da apparati attivi di riscaldamento, condizionamento, illuminazione, difesa; apparati che divengono indispensabili per la vivibilità degli ambienti e richiedono approvigionamenti forti e continui di energia. Facciamo un esempio? Si stanno diffondendo pericolosamente i bagni senza finestre. Cosa dire di questi ambienti che devono per forza essere illuminati e ventilati in modo artificiale?
L'industrializzazione dell'edilizia che privilegia la velocità di posa in opera e la standardizzazione aggrava questa tendenza, laddove materiali e tecnologie rispondono più ad esigenze produttive che a criteri di qualità, risparmio nel tempo, durata. Sarà perciò indispensabile rivalutare tutti quegli accorgimenti che favoriscono una difesa passiva dell'abitazione nei confronti degli eventi ambientali sfavorevoli e non richiedono apporti d'energia dall'esterno. Tra questi, uno dei più importanti è l'isolamento termico del tetto
L'ampia superficie e il contatto diretto con gli agenti atmosferici fanno del tetto un elemento cruciale per il benessere dell'uomo e l'economicità della casa. Il primo requisito, naturalmente, è l'impermeabilità alla pioggia. Le differenze climatiche e la reperibilità dei materiali portarono in passato a sviluppare diversi tipi di copertura, dalle lose in pietra alle scandole in legno, dalle tegole in terracotta alla paglia pressata. Caratteristica comune di questi tetti è la capacità di permettere la traspirazione della casa, il ricambio d'aria che regola umidità e temperatura degli ambienti abitati.
La tendenza odierna è quella di uniformare le coperture con l'uso di sistemi chiusi, nei quali gli incastri tra gli elementi assicurano l'impermeabilità a scapito della ventilazione. Negli ultimi decenni poi si è generalizzato l'uso di guaine bituminose e isolanti sintetici (polistirene soprattutto) che, posate sotto il manto di copertura, impediscono del tutto lo scambio d'aria con l'esterno provocando la formazione di condense e ristagno termico.
Per fortuna si sta diffondfendo sempre più l'uso del sughero, un materiale d'origine naturale che è sicuramente innocuo, duraturo, traspirante e rinnovabile.
La ventilazione del tetto porta numerosi vantaggi: elimina l'accumulo d'umidità d'inverno, disperde calore in estate, previene la formazione di muffe e condense. Costruire un tetto ventilato secondo i dettami classici della bioarchitettuta comporta un investimento notevole di manodopera: posa di tavolati, carta oleata impermeabile, strutture di contenimento per il sughero in granuli ecc. Come al solito, ho cercato una soluzione valida ma praticabile nella maggior parte dei casi.
La L.I.S. produce pannelli di sughero esenti da collanti (dicono loro), assemblabili perfettamente tra loro mediante maschiature (da incollare, questa volta) e dotati di scanalature che permettono il passaggio dell'aria sotto il manto di copertura.
Gli incastri tra i pannelli neutralizzano eventuali perdite d'acqua dalle tegole (il sughero è impermeabile) e rendono inutile la posa di una guaina bitumisosa. Lo spessore del materiale può essere aumentato con uno strato inferiore di pannelli lisci per aumentare il potere isolante. Per una corretta ventilazione è indispensabile permettere la circolazione dell'aria sotto la copertuta (effetto "camino"). A questo scopo le tegole di gronda poggiano su mattoni forati, quelle del colmo non sono murate, ma avvitate sopra un listello di legno. In entrambi i casi una rete impedisce l'accesso agli uccelli (sorry, pennuti).
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